La riaffermazione della Russia quale attore mondiale, insieme alla poderosa crescita economica dei due colossi eurasiatici, Cina ed India, pare aver definitivamente sancito, nell’ambito delle relazioni internazionali, la fine della stagione unipolare a guida statunitense e posto le condizioni, minime e sufficienti, per la costituzione di un ordine planetario articolato su più poli. Un nuovo ciclo geopolitico sembra dunque profilarsi all’orizzonte. Le entità geopolitiche che caratterizzeranno questo nuovo ciclo non saranno, verosimilmente, le nazioni o le potenze regionali, bensì i grandi spazi continentali.
Un nuovo ciclo geopolitico
Il nuovo assetto internazionale realizzatosi dopo l’11 settembre 2001 si deve soprattutto ad almeno tre fattori concomitanti: il primo concerne la politica eurasiatica avviata da Mosca, subito dopo la fine della presidenza El’cin, a partire dal 2000-2001; il secondo è da individuarsi nel particolare sviluppo economico dell’antico Impero di Mezzo, che, intelligentemente integrato dalla dirigenza cinese nel quadro di una strategia geopolitica di lungo periodo, renderà Pechino non soltanto un gigante economico, ma uno dei principali protagonisti della politica mondiale del XXI secolo; il terzo, infine, è da mettersi in relazione all’azione di penetrazione militare degli USA nello spazio vicino e mediorientale, che Washington accompagna, sinergicamente, con una intensa attività di pressione politica ed economica in alcune zone critiche, come quella centroasiatica.
I fattori sopra ricordati hanno evidenziato alcuni importanti elementi utili per l’analisi geopolitica dei futuri scenari mondiali: la centralità della Russia quale regione perno dell’Eurasia, l’importanza della Cina quale elemento di bilanciamento nella massa continentale eurasiatica e di equilibrio per l’intero Pianeta, e riproposto, su scala mondiale, le tensioni permanenti tra potenze talassocratiche, rappresentate oggi dagli USA, e quelle continentali, costituite principalmente dalla Russia e dalla Cina.
Per la prima volta, dopo la dissoluzione dell’URSS, assistiamo al rafforzamento ed alla messa a punto di importanti dispositivi geopolitici, come ad esempio l’Organizzazione della Conferenza di Shanghai e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva dei Paesi della Confederazione degli Stati Indipendenti, che coinvolgono la Russia e i principali Paesi del continente asiatico. Tali dispositivi sono aperti significativamente anche a Pakistan, Turchia e Iran, ma escludono le Potenze occidentali e gli USA. A ciò occorre aggiungere anche i tentativi e le aspirazioni sudamericane relative alla costituzione di un sistema di difesa del subcontinente indiolatino svincolato da Washington (1).
La paziente e continua opera di tessitura, attuata da Putin, ed ora proseguita diligentemente dal suo successore Medvedev, di speciali relazioni tra la Russia,l’India, la Cina, l’Iran ed i paesi centroasiatici ha certamente rallentato l’espansionismo statunitense nel cuore dell’Eurasia, ed irritato fortemente quelle lobby europee e d’oltreoceano che auspicavano, all’inizio degli anni novanta del secolo scorso, a forza di “ondate democratiche”, o meglio di “spallate democratiche” (2), come si vedrà più tardi con le aggressioni e le “guerre umanitarie” dell’Occidente americanocentrico alla ex Federazione jugoslava, all’Afghanistan, all’Iraq, l’unificazione del Pianeta sotto l’egida di Washington, campione dell’Umanità, e, innanzitutto, la realizzazione di un governo mondiale basato sui criteri liberisti dell’economia di mercato.
In riferimento allo scacchiere mondiale, la formazione di una sorta di blocco eurasiatico, per ora ancora allo stato embrionale e peraltro sbilanciato verso la parte orientale della massa continentale, a cagione principalmente dell’assenza dell’Europa quale coesa entità politica e del suo innaturale inserimento nel campo “occidentalista”, ha, inoltre, innegabilmente favorito, per effetto di polarizzazione, le tendenze continentalistiche di alcuni governi del Sudamerica (Argentina, Brasile, Venezuela e Bolivia), avvalorando, quindi, l’ipotesi realistica di un costituendo scenario multipolare, articolato su entità geopolitiche continentali (3).
Nuove e vecchie tensioni
Il timore di una saldatura degli interessi geopolitici tra le grandi potenze eurasiatiche (Russia, Cina ed India) e le tendenze continentalistiche di alcuni governi sudamericani (4) hanno destato, negli ultimi tempi, una rinnovata attenzione del Dipartimento di Stato degli USA e di alcuni think tank atlantici, preposti alla individuazione delle aree di crisi ed alla definizione di scenari geopolitici in sintonia con i desiderata e gli interessi globali di Washington e del Pentagono, verso quelle regioni della massa continentale eurasiatica – e del subcontinente indiolatino – più esposte alle lacerazioni causate da storiche e tuttora irrisolte tensioni endogene.
È dunque nella prospettiva di un’azione di disturbo e pressione verso la Cina, la Russia, l’India ed alcuni governo sudamericani, che, pensiamo, possano essere efficacemente interpretate alcune situazioni critiche poste, con particolare enfasi, all’attenzione della pubblica opinione occidentale dai principali organi di informazione.
Ci riferiamo alle cosiddette questioni della minoranza del popolo Karen e della “rivolta” color zafferano (5) nel Myanmar, alle questioni del Tibet e della minoranza uigura nella Repubblica Popolare Cinese, alla destabilizzazione del Pakistan (6), al mantenimento di una crisi endemica nella regione afghana.
Strumentalizzando le tensioni locali di alcune aree geostrategiche, gli USA, insieme ai loro alleati occidentali, hanno avviato un processo di destabilizzazione – di lungo periodo – dell’intero arco himalayano, vera e propria cerniera continentale, che coinvolgerà otto paesi dello spazio eurasiatico (Nepal, Pakistan, Afghanistan, Myanmar, Bangladesh, Tibet, Bhutan, India).
Questo processo di destabilizzazione è sinergico a quello già avviato dagli USA nella zona caucasica, sulla base delle indicazioni esposte, oltre dieci anni fa, da Brzezinski nel suo La Grande Scacchiera (7); esso sembra, inoltre, congiungersi al Progetto del Nuovo Grande Medio Oriente di Bush-Rice-Olmert volto a ridefinire gli equilibri dell’intera area a favore degli USA e del suo principale regionale, Israele, nonché a riconsiderare i confini dei principali paesi dell’area (Iran, Siria, Iraq e Turchia) lungo linee confessionali ed etniche.
Parallelamente al processo destabilizzatore, tuttora in corso nell’arco himalayano, pare che gli USA, secondo l’autorevole parere del prof. Luiz Alberto Moniz Bandeira (8), ne abbiano avviato uno analogo nel loro ex “cortile di casa”, in Bolivia, precisamente nella “regione della mezza luna”, sulla base delle tensioni etniche, sociali e politiche che affettano l’intera area.
Nell’ambito delle strategie volte a frammentare gli spazi continentali in via di integrazione, vale la pena sottolineare il grande ruolo che hanno svolto e svolgono le Organizzazioni non governative cosiddette umanitarie. Secondo Michel Chossudovsky, direttore del canadese Centre pour la recherche sur la mondialisation (CRM-CRG), alcune di esse sarebbero collegate direttamente ed indirettamente alla CIA, tramite il National Endowment for Democracy, potente organizzazione statunitense creata nel 1983, con lo scopo di rafforzare le istituzioni democratiche nel mondo mediante azioni non governative (9).
La storia del XXI secolo sarà dunque, con molta probabilità, la storia dello scontro fra due tendenze opposte: quella della frammentazione (10) del Pianeta, al momento perseguita dagli USA, e quella delle integrazioni continentali, auspicata dalle maggiori Potenze eurasiatiche e da alcuni governi del subcontinente indiolatino.
Note
1. Marco Bagozzi, Accordi Brasile-Venezuela: verso una alleanza militare sudamericana svincolata da Washington, www.eurasia-rivista.org, 25 aprile 2008.
2. Samuel Huntington, La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo, Il Mulino, Bologna, 1995.
3. Di diverso avviso è Richard Hass, presidente del Council on Foreign Affairs, l’influente think tank statunitense, secondo il quale il XXI secolo si avvierebbe verso un sistema di non polarità, caratterizzato da una ampia diffusione del potere spalmato su diversi soggetti (Stati, Potenze regionali, Organizzazioni non governative, Corporazioni, Organizzazioni internazionali, ecc.) piuttosto che da una sua concentrazione in pochi poli. Richard Hass, The Age on Nonpolarity. What Will Follow U.S. Dominance, Foreign Affairs, vol. 87, n. 3, May/June 2008, pp. 44-56.
4. Raúl Zibechi, Il ritorno della Quarta Flotta: un messaggio di guerra, Cuba debate, 9 maggio 2008, in italiano: www.eurasia-rivista.org, 17 maggio 2008.
5. Vedi in questo stesso numero di Eurasia, 2/2008, F. William Engdahl, La posta geopolitica della “rivoluzione color zafferano.
6. Michel Chossudovsky, La destabilizzazione del Pakistan, www.eurasia-rivista.org, 7 gennaio 2008; Alessandro Lattanzio, Il grande gioco riparte da Islamabad, www.eurasia-rivista.org, 29 dicembre 2007; Giovanna Canzano, La morte cruenta della Bhutto, intervista a Tiberio Graziani, www.eurasia-rivista.org, 28 dicembre 2007.
7. Zbigniew Brzezinski, La Grande Scacchiera, Longanesi, Milano, 1998.
8. Luiz Alberto Moniz Bandeira, A Balcanização da Bolívia, Folha de S.Paulo, 15/07/2007. Una traduzione in italiano di questo articolo si trova nel sito www.eurasia-rivista.org, 25 ottobre 2007. Sullo stesso argomento si veda anche l’intervista a Luiz Alberto Moniz Bandeira, Bolivia, Cuba, la seguridad de Brasil, el petróleo y la realidad del dólar, a cura di www.laondadigital.com e, in italiano, nel sito www.eurasia-rivista.org, 9 maggio 2008.
9. Michel Chossudovsky, Cina e America: l’Operazione psicologica dei diritti umani in Tibet, www.eurasia-rivista.org, 22 aprile 2008.
10. François Thual, Il mondo fatto a pezzi, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 2008. Disponibile su librad.com italia :: nesso
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Questo editoriale è disponibile anche in lingua francese: Le temps des continents et la déstabilisation de la planète – “Mondialisation.ca”