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Channel: ucraina. rifugiati ucraina – Pagina 352 – eurasia-rivista.org
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Attenzione, Xinjiang!

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Dal 5 luglio, l’attenzione di tutto il mondo si è concentrata sull’ordine del giorno del prossimo vertice G8, che aveva tutte le possibilità di diventare l’evento culminante del mese. Eppure, le principali notizie sono arrivate in gran numero non da L’Aquila, in Italia, ma da Urumqi, in Cina. I disordini scoppiati in città hanno provocato 184 morti e 1.680 feriti, oltre a più di 260 autovetture incendiate e circa 200 negozi saccheggiati. Nel corso dei tre giorni di disordini che inizialmente hanno preso di mira la popolazione cinese, e poi quella Uigura, della regione autonoma dello Xinjiang, i problemi della provincia cinese hanno attirato l’attenzione di Pechino, dei vicini della Cina in Asia centrale, e del resto del mondo.
Considerando che i disordini in Tibet, lo scorso anno sono stati, evidentemente, sincronizzati con l’apertura delle Olimpiadi di Pechino, la coincidenza temporale dei disordini nella regione autonoma dello Xinjiang e del vertice del G8 non sembra casuale.
Senza dubbio, la situazione nello Xinjiang sta per essere utilizzata per offuscare l’immagine della Cina e per ridurre la sua influenza nella politica internazionale. Gli eventi di Urumqi forniscono all’Occidente un pretesto per mettere un governo legittimo di un paese sovrano sotto pressione, così come è stato precedentemente fatto nel caso della Jugoslavia, in Cecenia e in Iraq. Ora sarà possibile interpretare la lotta al terrorismo delle forze di sicurezza della Cina, come una pulizia etnica e un genocidio contro la popolazione Uigura. In realtà, è in gran parte il risultato delle attività internazionali delle “vittime delle torture da parte del governo” tra le fila della setta Falun Gong, se la situazione dei diritti umani in Cina è diventata il bersaglio di critiche permanenti, che sono state leggermente smorzate negli ultimi anni, solo a causa della interdipendenza delle economie degli Stati Uniti e della Cina.
Molto probabilmente, gli avvenimenti nella regione autonoma Uigura dello Xinjiang avrà un effetto negativo sulla capacità della Cina di attrarre investimenti esteri, il che sarebbe un duro colpo per la sua enorme economia nel tentativo di sottrarsi alla crisi globale. Pochi giorni fa, la politica della Cina di acquistare in tutto il mondo risorse naturali ha incontrato il primo serio ostacolo, gli azionisti di Rio Tinto, una grande azienda metallurgica anglo-australiana, ha invocato considerazioni di sicurezza nazionale ed ha rifiutato di vendere una quota di 7,2 miliardi di dollari alla società della Cina Chinalco. Sebbene l’accordo generale sull’affare sia stato raggiunto nel febbraio 2008, Rio Tinto se ne è allontanata a seguito di un suggerimento avanzato dall’Australia’s Foreign Investments Review Board.
Attualmente, la regione autonoma Uigura dello Xinjiang è la più grande unità amministrativo-territoriale della Cina, con una superficie di 1.660.000 km quadrati (superiore a quella di Germania, Francia, Spagna messe insieme), corrispondente a 1/6 della superficie totale della Cina. Gli Uiguri nella regione sono un gruppo etnico che conta circa 12 mln di persone (la popolazione totale della regione è di circa 20 mln). Nel complesso, la regione è abitata da 47 gruppi etnici. La Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang ed il Tibet sono le sole regioni della Cina con una popolazione prevalentemente non cinese. Va osservato che attualmente gli Uiguri sono l’unica grande nazione di lingua turca in Asia centrale, che rimane senza uno stato.
Lo Xinjiang è stato inserito nell’orbita della Cina relativamente di recente – nel 1760 -sotto la dinastia Manciù. Gli Uiguri non ha accolto con favore i cinesi e i loro metodi di amministrazione e, spesso, si ribellarono. Quando la Cina si riprese lo Xinjiang nel 1949, la leadership cinese ha tenuto in considerazione l’esperienza passata e prevedibilmente ha concluso che la popolazione d’etnia cinese Han sarebbe stata molto più fedele rispetto ai nativi turchi e musulmani. Le famiglie cinesi sono state trasferite in gran numero dalla province orientali della Cina alla regione sotto il controllo della Xinjiang Production and Construction Corp., considerando che i cinesi costituivano solo il 5% della popolazione della regione dello Xinjiang al momento in cui esso è stato accolto in Cina. Attualmente la cifra ha raggiunto il 41% o 7,5 milioni di persone e la maggior parte di questa popolazione è urbana.
In particolare, Pechino non stimola la migrazione di tali proporzioni in qualsiasi altra regione della Cina. Ad esempio, solo 160.000 cinesi risiedono in Tibet (su un totale della popolazione di 2,4 mln), ma in nessun caso si è avuto un afflusso massiccio di cinesi nella regione. La spiegazione risiede nell’importanza strategica dello Xianjiang per la Cina.
In primo luogo, la Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang è ricca di risorse naturali quali petrolio, gas naturale, carbone e uranio. Lo Xinjiang è stato il secondo più grande produttore di petrolio in Cina nel 2008, con una produzione di 27,4 mln di tonnellate di greggio (14% del totale nazionale). Oltre, 1/3 del gas naturale prodotto in Cina proviene dallo Xinjiang, 24,1 milioni di metri cubi pompati annualmente alle province della Cina orientale, attraverso il gasdotto Ovest-Est costruito nel 2005. Lo Xinjiang è al primo posto tra le regioni minerarie carbonifere della Cina (il carbone è il principale tipo di carburante in Cina) col 40% di partecipazione delle riserve di carbone del paese. L’anno scorso, il più grande deposito di uranio della Cina – 10.000 tonnellate – è stato scoperto nel bacino del fiume Ili.
In secondo luogo, questa regione della Cina occidentale ha tradizionalmente servito come sede delle attività di ricerca strategiche segrete. Lop Nur, la più grande base di test di armi nucleari della Cina, con una superficie di 100.000 km quadrati, si trova nello Xinjiang. E’ stata utilizzata per i test nucleari negli anni ‘60 e attualmente serve per testare i missili balistici. Un’altra struttura segreta situata nello Xinjiang è il centro di ricerca per la Fisica Nucleare, il Malan Research Institute.
In terzo luogo, lo Xinjiang confina con otto paesi – Russia, Afghanistan, Kazakistan, Kirghizistan, Mongolia, Pakistan, India e Tagikistan – e quindi gioca il ruolo della porta della Cina verso la Grande Asia centrale, che è stata a lungo tra le priorità della politica estera di Pechino. La vicinanza geografica all’Iran, il paese con cui la Cina prevede di rafforzare un partnerariato strategico, contribuisce anch’esso all’importanza dello Xinjiang.
L’instabilità nello Xinjiang pone una serie di minacce alla Cina, soprattutto quelle del terrorismo e del separatismo. Un certo numero di gruppi Uiguri – il movimento di indipendenza del Turkestan orientale, l’Organizzazione di liberazione islamica del Turkestan orientale, la Conferenza Mondiale della Gioventù Uigura e il Centro di Informazione del Turkestan orientale – sono impegnati in attività anti-governative e, in alcuni casi, in attività terroristiche. Alcuni di essi sono sospettati di essere legati ad Al Qaeda.

I problemi incontrati dallo Xinjiang ricevono una grande copertura mediatica internazionale, soprattutto grazie agli sforzi compiuti dal Congresso Mondiale Uiguro, che agisce come valvola di sfogo della popolazione locale della regione. Inoltre, le espressioni di sostegno al movimento di indipendenza Uiguro sono stati ascoltati nei circoli politici di Gran Bretagna, Paesi Bassi, e persino nel vicino Kazakistan. Il Primo Ministro turco Erdogan ha presentato una dichiarazione forte, sulla scia degli scontri di Urumqi (la Turchia è un giocatore chiave nell’Asia centrale). Ha chiamato il dramma in Urumqi “genocidio” e ha promesso che il tema sarebbe stato messo all’ordine del giorno del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Lo Xinjiang è uno dei principali hub di transito regionale. Il gasdotto Atasu-Alashankou che collega Cina e Kazakistan attraversa la regione autonoma dello Xinjiang. Nel prossimo futuro, si prevede di costruire un ulteriore tratto della tubazione che aprirà l’accesso al Mar Caspio della Cina. Un’altra importante infrastruttura situata nella regione è il gasdotto che collega la stessa ai giacimenti di gas del Turkmenistan e Kazakistan, e sarà presto aggiornato per raggiungere l’Uzbekistan. Perciò, l’instabilità nello Xinjiang rappresenta una minaccia per la sicurezza energetica di tutta l’Asia centrale.
L’energia non è l’unico settore che affronta potenziali minacce a causa degli sviluppi nello Xinjiang. L’avanzata del separatismo nello Xinjiang comporta il rischio della creazione di una rete terroristica che va dalla valle di Fergana a quella di Turfan. Il probabile effetto parallelo sarebbe la creazione di un corridoio per il traffico di droga e di armi, nonché dell’immigrazione clandestina, soprattutto sul versante dell’Afghanistan e del Pakistan. La possibilità di simultanei disordini Uiguri tra le popolazioni delle vicine repubbliche, soprattutto Kazakistan e Kirghizistan, non può essere esclusa. L’instabilità nello Xinjiang è un problema di scala regionale, e un meccanismo di indirizzo dovrebbe essere coordinato a livello regionale. L’organizzazione competente è la Shanghai Cooperation Organization, che ha pianificato misure volte a contrastare il terrorismo, il separatismo, l’estremismo e, dal 2001, lo svolgimento di esercitazioni congiunte delle forze armate dei suoi paesi membri, nei territori della Russia, la Cina e in Asia centrale ed orientale, come le missioni anti-terrorismo e di pace. In circostanze attuali, l’aspetto militare della Shanghai Cooperation Organization può essere non meno importante per la Cina di quello economico. Più ampie esercitazioni militari, nel quadro della Shanghai Cooperation Organization, dovrebbero essere previste in futuro.
Sarebbe un errore credere che lo Xinjiang è solo mal di testa della Cina. Si tratta di un nuovo, o meglio, un alquanto trascurato fattore di rischio che caratterizza l’intera Asia centrale.

*Strategic Culture Foundation http://en.fondsk.ru/print.php?id=2310 20.07.2009

Traduzione di Alessandro Lattanzio.
Revisione dall’originale russo di Giorgio Francesco Arcodia dell’Università degli Studi di Milano.

Alessandro Lattanzio, redattore di Eurasia, anima i seguenti siti di informazione ed analisi:
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