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Intervista a Paul-Éric Blanrue. Sarkozy ovvero la sovranità nazionale in pericolo ?

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«Se il libro di Paul-Éric Blanrue, Sarkozy, Israël et les juifs (*) arriverà ad essere diffuso, farà epoca. È la prima opera che punta i riflettori su quei gruppi di pressione che, evidentemente, vogliono agire nell’ombra anche se la loro influenza diviene sempre più evidente a partire dall’elezione di Sarkozy», osserva il fisico belga Jean Bricmont (**). Perché, se il libro è distribuito in diversi paesi ed è stato già tradotto quattro volte, esso non è ancora diffuso nel paese dell’autore, la Francia!

29 giugno 2009

Paul-Éric Blanrue, 42 anni, è un personaggio franco, che si fa benvolere. Fa parte di quegli storici che contestano la legittimità di leggi come la legge Gayssot le quali attentano alla libertà di espressione e che, a giusto titolo, si ribellano contro l’intossicazione e la disinformazione mediatica e politica.

Silvia Cattori: Il suo libro Sarkozy, Israël et les juifs permette di comprendere la pericolosità dei legami intrecciati da Nicolas Sarkozy con le diverse reti sioniste in Francia e nel mondo per la sovranità nazionale. Legami che, evidentemente, portano allo Stato ebraico d’Israele: il cuore del problema. Quale preciso avvenimento l’ha portata a scrivere di getto questo libro ?

Paul-Éric Blanrue: sono stato indotto a reagire quando, dopo la carneficina dell’esercito israeliano a Gaza, la Francia di Sarkozy ha inviato la fregata Germinal [1] per impedire i trasferimento di armi ai Palestinesi assediati. Quella notizia mi ha fatto trasalire perché si è trattato di un chiarissimo atto politico della Francia in favore di Israele. L’ho sentito un atto ancor più grave in quanto gli Stati Uniti non vi avevano preso parte.
Sarkozy, Israël et les juifs ha cominciato veramente ad esistere a partire da quel momento, con ciò che è successo a Gaza. Sono stato scandalizzato dal modo in cui la Francia ha reagito a quel massacro, dal modo in cui Bernard Kouchner e quelli prossimi a Sarkozy ne hanno parlato, dal modo in cui Bernard-Henry Lévy (BHL) ne ha dissertato su “Le Point”.
Allora ho cercato di mostrare gli appoggi che, malgrado una riserva di superficie, c’erano tra BHL ed un certo numero di personaggi che si pretendono di sinistra. Che c’era una vera coalizione del mondo intellettuale parigino, di quella intellighenzia deliquescente, con la politica filo-israeliana di Sarkozy. Il che era molto grave.
Detto questo, io sono un osservatore delle cose politiche. Avevo già accumulato numerose informazioni durante la redazione, l’anno scorso, di un piccolo libro sul matrimonio di Sarkozy [2]. Avevo seguito la sua campagna elettorale; avevo osservato come, grazie ad Henri Guaino [3], egli fosse riuscito a farsi passare per un «gollista». Talvolta nei suoi discorsi era stato liberale. In altri, molto protezionista. La domanda era: che cosa ci darà ?
Successivamente, ho constatato che la strategia apertamente filo-israeliana di Sarkozy, non era stata solo una tattica per farsi eleggere, ma che egli continuava ad attenervisi. I risultati sono qui. Oggi si vede che lui ci si è attaccato e che anzi è più filo-israeliano di quanto lo fosse George W. Bush.
Che cosa abbiamo visto nel gennaio 2009? Alain Finkielkraut si è fatto decorare con la legione d’onore [4]. E in aprile è stata la volta di André Glucksmann. E che tutto ciò era logico, rispondeva ad una logica incredibile! E chi si vede oggi sfilare al Trocadéro contro il Presidente Ahmadinedjad? Si vedono gli stessi! Si vedono Pascal Bruckner, BHL, Alain Finkielkraut, André Glucksmann, Jack Lang. In breve, tutto l’entourage filo-israeliano di Sarkozy.

BHL non fa parte dell’entourage della Signora Royal?

BHL ha fatto parte dell’entourage di Ségolène Royal durante la campagna elettorale, ma non molto a lungo. Lei non deve essere considerata sufficientemente sionista dalla rete filo-israeliana [5]. E’ una delle rare personalità politiche ad aver espresso delle riserve sulla cena del CRIF.

In lei si sente un vento di libertà, un’energia tutta giovanile, una forza, una gravità. È affascinante. Dunque, è questo allineamento della Francia sulla politica di un paese che predica la guerra contro i suoi vicini arabi e l’Islam, che l’ha condotta a reagire? Vuol dire che Sarkozy Israël et les juifs non avrebbe mai visto la luce senza quest’alleanza tra la Francia di Sarkozy e Israele?

In effetti, è l’invio da parte di Sarkozy di quella fregata destinata ad impedire alla resistenza palestinese di ricevere armi che mi ha indotto a reagire. Quella decisione mi è sembrata grave, perché non ci si fermava più solo ai discorsi.
Sotto la presidenza di Jacques Chirac la Francia non avrebbe mai agito in quel modo. E nemmeno sotto la presidenza di François Mitterrand. Anche se, con quest’ultimo, le cose erano più complesse.
Finché Sarkozy faceva dichiarazioni destinate a mettersi in tasca i musulmani o i cattolici, [6], noi potevamo metterlo sul conto di una demagogia puramente elettorale. Ma con l’invio di una fregata nelle acque controllate illegalmente da Israele, Sarkozy è entrato in azione.
Già nel 2006, in occasione dell’aggressione israeliana contro il Libano, Sarkozy, allora ministro, aveva nettamente mostrato di parteggiare per Israele chiedendo a Zeev Boïm, ministro israeliano in visita a Parigi, di «quanto tempo» avesse bisogno «per terminare il lavoro». Ma, allora, non c’era stata azione concreta, se non quella stupefacente presa di partito.

Lei è riuscito a rendere accessibile ad un vasto pubblico una realtà terribilmente complessa. Si comprende che il 2007, con l’arrivo di Sarkozy all’Eliseo, segna una svolta. È la fine del regime «gollista». La Francia non sarà mai più quella nazione unica agli occhi del mondo! Finita, la resistenza alle pressioni delle reti filo-israeliane, lei attacca un tabù. Personalità in vista che, in passato, avevano osato infrangerlo l’hanno pagata cara. Penso a Raymond Barre, a Dieudonné, a Tariq Ramadan, a Guigue [7]. I tempi oggi sono più propizi? Non ha pensato che sta camminando su un terreno pieno di divieti?

Non mi sono posto la domanda di sapere se fosse o no pericoloso. Se mi fossi posto tale domanda, credo che non avrei fatto niente; sarei rimasto sulle mie a guardare la televisione mangiando patatine. Questo non è mai stato il mio modo di pensare né di agire. Non posso vivere senza dire quello che penso. Credo che in me ci sia una forma di energia o di rivendicazione di libertà, come in Fanfan-la-Tulipe; un lato da moschettiere. Non sopporto l’ingiustizia; soprattutto, non sopporto la costrizione e il divieto di esprimersi. Questo divieto è qualcosa di orrendo!
Quando non si ha più il diritto di parlare, la cosa diviene gravissima. Allora, quando si vive in un paese in cui la parola «Libertà» è scritta sul frontone di tutti i monumenti, io credo che, quanto meno, sia necessario sollevarsi. Credo alla forza dell’esempio della persona che parte in battaglia «senza paura e senza rimpianto». Un lato cavalleresco. Ma non voglio paragonarmi a quei personaggi perché, in ogni caso, io non faccio che scrivere. Sono uno scrittore, non vado in battaglia con un fucile. Il mio fucile è la mia stilografica. Ecco, dunque, cerco di essere efficace nel mio campo.
Peraltro, io non sono affatto favorevole alla guerra; al, contrario, questo libro è anche un libro pacificatore; in ogni caso, spero lo sia. Esso invita alla calma e alla ragione quei rappresentanti della comunità ebraica come il Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (CRIF) che io non confondo con l’insieme della comunità ebraica. Dico loro che non hanno interesse a far montare la tensione.
Del resto, si dà troppa importanza a queste reti filo-israeliane francesi. Certo, esse hanno molta influenza, soprattutto oggi che sono arrivate al potere grazie all’uomo loro ligio, grazie a Sarkozy. Ma penso che in realtà esse siano molto deboli e divise. Ci sono enormi tensioni all’interno del CRIF. L’ex presidente del CRIF, Théo Klein, si è fatto trattare da terrorista da uno dei suoi successori. Del resto, basta ascoltare Radio J, o Radio Shalom, – io le ascoltavo tutte le sere mentre scrivevo il mio libro – per capire l’ampiezza dei dissensi interni.
I filo-israeliani si sentono forti perché alcuni di loro occupano posizioni molto elevate. Un deputato su sei appartiene al Gruppo di amicizia Francia-Israele. Ogni anno sono riusciti a far accorrere il potere politico alla cena del CRIF. Ma nulla obbligava il presidente Sarkozy ad andarci. Alla classe politica sarebbe bastato dire «non ci recheremo mai alla vostra cena annuale» e questa influenza sarebbe caduta. Essi sono giunti al culmine della loro potenza e non possono che ricadere.

Lei ci mostra tutto questo in prospettiva. In questo senso, le sue riflessioni aprono una breccia. Esse possono condurre quelli che le leggono a rifiutare questo clima di intimidazione e di paura creato dal CRIF e consorti. Lei ha detto : «Avrei fatto tutto il possibile affinché questo libro potesse essere una base di discussione ragionevole tra due campi in tutto opposti. Bisogna che la situazione si sblocchi…». Quali sono le possibilità di uscire da questo blocco e come vede questi due campi?

Credo che «gli Ebrei» di Francia – qui non parlo dei loro rappresentanti, ma di tutti gli Ebrei in quanto appartenenti alla religione ebraica – un giorno prenderanno coscienza del fatto che il CRIF li manipola. Che il CRIF, che pretende di rappresentarli, non li rappresenta per niente. E che ciò dà loro una pessima immagine. All’interno del CRIF ci sono delle persone che non sopportano più questa situazione. Ieri ho incontrato un giornalista di un quotidiano svizzero e di un settimanale francese che mi ha detto «Non posso farti un’intervista, perché la mia redazione non lo permetterebbe, ma sono del tutto d’accordo con quello che dici; sono scandalizzato per ciò che accade ai Palestinesi e non sono d’accordo col fatto che il CRIF parli a nome mio».
È per questa ragione che io dico «gli Ebrei»; perché credo che in questo momento essi possano agire, essere una delle fonti di salvezza. Come diceva Léon Bloy : «La salvezza attraverso gli Ebrei»! In altre parole, loro nella storia hanno avuto spesso dei caratteri, dei personaggi fuori del comune. Io non sono religioso ma, se guardate il cristianesimo, esso è una diramazione che ha rotto con il giudaismo per fare tutt’altra cosa, un’opera civilizzatrice di portata universale. Ci sono state eminenti personalità che hanno rotto con le sinagoghe, come Spinoza; in un altro campo, lo stesso Karl Marx ha rotto con il suo ambiente. Spero che escano delle personalità e contestino il potere del CRIF. Mi appello a loro perché, giustamente, se le persone che non sono di confessione ebraica si mettono a condurre campagne, ad esempio, contro l’esistenza della legge Gayssot o contro le prerogative del CRIF o contro la cena del CRIF, saranno emarginate, accusate di antisemitismo. Dunque, in ogni caso, definitivamente squalificate agli occhi dei media.

Lei dice «gli Ebrei» come se si trattasse di un’etnia, come se si trattasse di un popolo, mentre si tratta di una religione. Allora, perché non dire «le persone di confessione ebraica»?

Sono pienamente d’accordo con lei. «Ebraica», è per prima cosa ed innanzitutto una religione. A causa del sionismo alcuni, come Moses Hess o Theodor Herzl cominciarono a parlare di popolo, di etnia o di razza ebrea. Evidentemente, è una totale aberrazione. Shlomo Sand lo ha mostrato benissimo [8]; vi è stata una costruzione che è totalmente disastrosa perché confonde due cose: una religione millenaria ed un’ideologia politica destinata a duplicarla, anzi a sostituirla, cosa compresa benissimo da alcuni rabbini che si opposero al sionismo fin dalle sue origini.

Questa confusione non serve ad un ben preciso obiettivo ideologico?

Sì, l’obiettivo è chiarissimo. In primo luogo, direi che oggi l’obiettivo principale del CRIF è giocare su questo termine «ebreo», sull’assimilazione tra popolo e religione. In particolare, penso alla campagna che in questo momento essi conducono per far passare la legge chiamata «Legge Martin Luther King». Questa legge, che è in gestazione, mira ad assimilare legalmente l’antisionismo all’antisemitismo. Se passa questa legge, in Francia l’antisionismo sarà considerato un delitto. Criticare Israele potrà portare in carcere. È gravissimo. È l’Unione degli imprenditori ebrei di Francia (UPJF) a sostenere questo progetto di legge trasmesso a tutti i deputati francesi. È il più forte sindacato sionista di Francia – dico forte in tutti i significati dell termine. L’UPJF aveva eletto Sarkozy «uomo politico dell’anno» nel 2006, un anno prima delle presidenziali.

Per quanto ne so, prima di lei in Francia, anzi in Europa, nessun autore aveva mai trattato tale questione delle reti filo-israeliane. Lei mostra come delle personalità politiche di alto livello facciano passare gli interessi di Israele e degli Stati Uniti prima di quelli del loro paese! Si vede come Sarkozy arrivi a capovolgere i valori della Repubblica francese. E come qui ci sia la doppia obbedienza. Tutte cose di un’estrema gravità. E con stupore si dice: come è possibile che prima di lei non si sia trovato nessuno, nemmeno nell’opposizione, per denunciare queste derive?

Non c’è stato nessuno perché, in genere, le persone sono terrorizzate moralmente, mentalmente, professionalmente. Il mio editore, non a caso, è un belga! Lui, almeno, non può subire i fulmini di Sarkozy. Questi fulmini possono essere molteplici; andare dai controlli fiscali, alle convocazioni della polizia, al soggiorno obbligato e alla perdita del lavoro.

Lei non ha paura di questi fulmini?

No, non li temo. No, non ho paura di nulla. Se sarà necessario, andrò a scrivere all’estero. Se dovrò partire, partirò. Andrò in esilio, se dovrò. Non è grave. Io mi guadagno da vivere scrivendo. Posso scrivere ovunque, anche nel deserto. È importante che questo libro sia diffuso in Francia. Esso è in tutte le librerie belghe. Uscirà in Canada. Sarà messo in vendita in Medio Oriente, in America del Sud, nei paesi anglofoni. Perché i Francesi non dovrebbero averlo?

Lei lo fa vedere assai bene. Sarkozy ha sempre lasciato intendere quello che di inquietante progettava di compiere. Non ha mai nascosto che avrebbe messo Israele al centro di tutto; e la Francia al servizio del progetto unipolare degli Stati Uniti. Ben prima di essere candidato, ha lasciato intravvedere che si sarebbe dedicato al lobbying in favore di Israele; che i bersagli designati da Israele – le forze di resistenza anticoloniali di Hamas, di Hezbollah, i Fratelli musulmani oppositori al regime dittatoriale di Mubarak, l’Iran – sarebbero stati anche i suoi bersagli prioritari. Curiosamente, questo non ha mai fatto reagire i suoi oppositori socialisti! Mi ricordo che Nicolas Dupont-Aignan, nel 2007, aveva avuto l’onestà di dire : «Siamo alla vigilia di un profondo cambiamento della politica estera della Francia se dovessero essere eletti il signor Nicolas Sarkozy o la signora Ségolène Royal». [9] Lei è d’accordo con questa simmetria tra i due grandi partiti?

Nicolas Dupont-Aignan aveva ragione. Eletta, Ségolène Royal non sarebbe stata sola a governare. Certo, lei non ha la stessa visione delle cose di Sarkozy sul Vicino Oriente, io la credo molto più prudente. In compenso, sarebbe stata attorniata da consiglieri, da ministri che, loro sì, sono legati alle reti filo-israeliane. Avrebbe avuto la forza, l’intelligenza, la cultura, per resistere alla loro pressione? Non ne sono certo. Non bisogna dimenticare che Bernard Kouchner era nel Partito socialista. Probabilmente Ségolène Royal avrebbe nominato lui a capo della diplomazia estera.
Lei ha visto le proteste, quando Sarkozy aveva lasciato credere – ancora una volta molto sottile, molto scaltro – di esitare tra Védrine e Kouchner. Il nome di Hubert Védrine aveva immediatamente sollevato delle proteste a Gerusalemme. Il “Jérusalem Post” aveva titolato «Siamo scioccati». Un giornalista francese della televisione BFM, che era sul posto, riferiva allora che Kouchner laggiù era visto come più «israelo-compatibile di Hubert Védrine».

A primeggiare non è dunque la tendenza di sinistra o di destra, ma il fatto che tale politico sia chiaramente identificato come sionista?

Esattamente. Le reti filo-israeliane avevano puntato da moltissimo tempo su Sarkozy ma non hanno messo tutte le uova nello stesso paniere. Esse hanno i loro pesci pilota in tutti i partiti : è come dire che Strauss-Kahn ha un cappello bianco e Sarkozy ha un bianco cappello. Ecco perché Sarkozy, oggi «re dei sionisti», arriva a corrompere dei socialisti o dei centristi. La griglia di lettura del governo è il filo-sionismo e la maggior parte delle persone che esso nomina, compreso ultimamente Frédéric Mitterrand, è amica di Israele senza complessi.

Possono mostrarsi filo-israeliani anche per opportunismo?

Non ho mica sondato nell’intimo Sarkozy ed il suo circondario! Penso che Sarkozy agisca più per opportunismo che per tradizione familiare. Le racconto un aneddoto divertente: ultimamene, in piazza Péreire vicino agli Champs-Elysées, ho incontrato Patrick Buisson, un uomo brillante, uno dei consiglieri di Sarkozy durante le presidenziali. Sarkozy aveva la scelta tra captare i voti del centro o quelli dell’estrema destra, cioè i voti di Le Pen. E Patrick Buisson, egli stesso proveniente dalla «destra nazionale» (aveva una funzione importante nel settimanale “Minute”) gli aveva consigliato di pescare i voti di Le Pen. Solo che, per prendere i voti di Le Pen, bisognava tenere un po’ il discorso di Le Pen sugli immigrati, sulle periferie; parlando di come «ripulirle», egli è andato ancora più in là di Le Pen!. Ma come fare per non essere considerato razzista e perché su tutta la stampa francese non ci fosse una campagna ostile per assimilarlo a Le Pen? Ebbene, semplicissimo: si è presentato come sionista. In altre parole, ha avuto con sé, ad esempio, la LICRA (Lega contro il razzismo e l’antisemitismo), il cui presidente è Patrick Gaubert, uno dei suoi migliori amici, anche lui un sionista militante. Vede?
Ho consegnato il mio libro àl signor Buisson; quando ha letto il titolo, mi ha detto «Ma, sa, Nicolas Sarkozy non si sente particolarmente ebreo, si sente un immigrato ungherese». Gli ho risposto: «E’ esattamente quello che dico io, è per opportunismo, per demagogia o, in ogni caso, per interesse politico che è andato verso la lobby filo-israeliana, prima di tutto americana, per poi fare il suo giro in Israele, e presentarsi come il bene rifugio dei sionisti francesi». Ho aggiunto che, evidentemente, dal momento che sosteneva Israele, sperava di avere di ritorno il sostegno di Israele. E qui il signor Buisson mi ha detto «Ah, evidentemente è vero che lui sostiene Israele, non si può dire il contrario». Diceva questo in tono quasi disilluso, semi-ironico.

Nessuna reazione giudiziaria? Per molto meno, nel 2003 il semplice sketch dell’umorista Dieudonné scatenò una valanga di processi. Si mise di mezzo lo Stato, il che portò Dieudonné ad essere perseguito da una sfilza di tribunali. L’antisemitismo troppo inflazionato non è più un argomento su cui fondarsi?
Il suo avvocato, John Bastardi Daumont, ha definito il rifiuto da parte dell’editoria francese di diffondere il suo libro «censura per mezzo del vuoto» [10]. Questo non è segno che in Francia i diritti fondanti sono minacciati? Si può, pertanto, parlare di censura politica?

Qui l’eccellente e molto coraggioso John Bastardi Daumont, che si batte con ardore al mio fianco, ha trovato la parola giusta. Ma attenzione, il mio libro non è legalmente vietato, non posso parlare di censura politica. Non conosco l’esatta ragione per cui esso non è stato diffuso. Detto questo, il mio libro è molto fondato, non è affatto un pamphlet, io fornisco 500 citazioni. La sua non diffusione in Francia resta dunque una cosa bizzarra. Ma, soprattutto, i giornalisti francesi avrebbero dovuto parlarne, avrebbero dovuto dirsi «Toh, un libro che parla di Sarkozy che in Francia non viene diffuso, è molto sorprendente!». Ora, nemmeno un giornalista francese ha proferito parola mentre, l’anno scorso, quando ho pubblicato due libri – Carla et Nicolas, Chronique d’une liaison dangereuse e Jérôme Kerviel seul contre tous – ho avuto una vastissima copertura mediatica.
Sul mio libro si è voluto fare silenzio totale. La cosa che non sanno è che il mio libro è già alla seconda edizione. Vi introduco delle correzioni, il mio avvocato ci aggiungerà una prefazione dove spiegherà in dettaglio il concetto di censura per mezzo del vuoto. Siamo sulla buona strada per trovare un distributore francese. Il libro è tradotto in inglese, in spagnolo ed in arabo.
Quanto alla falsa accusa di antisemitismo contro persone che non lo sono, essa non conduce a nulla, in particolare tra la giovane generazione. È un argomento troppo datato, che è stato utilizzato troppo. I giovani, su internet, hanno trovato un piccolo espediente per fregare le persone che utilizzano tale argomento, sono i «punti Godwin»… E’ come un jolly; si dice: «Hai utilizzato l’argomento di Hitler, hai perso, sei automaticamente eliminato dal dibattito»!
Lo si è visto con il libro di Pierre Péan su Kouchner [11]. Non ha funzionato. Questo argomento non funziona più. Sono del tutto senza complessi ed invito anche i francesi ad esserlo.

Si aspettava questo bando umiliante?

Non è affatto umiliante! Al contrario, è un onore! Questo dimostra che ho veramente colpito il bersaglio nel centro.

Lei ha detto di non avere paura di nulla. Eppure, ho notato che le persone che la leggono e che la stimano hanno paura per lei. La definiscono «coraggioso». Il che lascia pensare che ci vuole fegato per parlare di Israele e di quelli che legittimano i suoi crimini. Lei non parla di una realtà molto inquietante, fatta di manipolazioni e di imposture il cui obiettivo machiavellico è quello di preparare la prossima guerra? Questo la onora, ma la espone?!

Questo libro è apprezzato perché viene a confermare ciò che le persone presentono, capiscono, ma non osano esplicitare o non possono farlo per mancanza d’informazioni. Per quanto riguarda la prossima guerra, credo effettivamente che Israele si creda obbligato, per sopravvivere, a mantenere un clima di guerra permanente. Ci sono divisioni anche in Israele. Infatti, ciò che permette loro di garantirsi la propria coesione è la designazione di un comune nemico, ieri Saddam, oggi Ahmadinedjad.

Il fallimento della politica del «Grande Medio Oriente» di Bush, il discredito e l’indebolimento degli USA, sono un argomento di preoccupazione per le autorità israeliane. Sarkozy non è arrivato a proposito, come un miracolo per Tel Aviv?

Miracolo preparato da lungo tempo. Dopo la seconda Intifada, nel 2000, hanno puntato su Sarkozy, sul cavallo buono e lui ha visto tutto l’interesse politico che poteva trarne.
È stato un do ut des. Lui si è detto: io sarò portato al potere grazie alle reti; e gli stati maggiori israeliani si sono detti: una volta che i nostri amici saranno giunti al potere noi avremo in tasca un paese in più per sostenere l’asse Israele-Stati Uniti.
Per il momento, hanno vinto su tutta la linea. Il loro solo problema è che Sarkozy non aveva previsto quello che avrebbe detto Obama. Si pensava che Obama sarebbe stato un buon filo-israeliano, un buon sionista, con Emanuel Rahm al suo fianco.
Detto questo, attenzione: può darsi che Sarkozy sia come il pesce pilota di Washington. Che sia quello che va più in là dell’amministrazione Obama per tastare il terreno.

Lo abbiamo appena verificato con l’Iran! Là dove alcuni dirigenti un po’ razionali come Obama, sono inizialmente rimasti molto prudenti, riservati, i filo-israeliani, quella rete sionista da lei identificata benissimo, li hanno forzati a seguire la corrente. Sarkozy non si è reso ridicolo convocando due diplomatici iraniani? Voleva far dimenticare ciò che è al centro del problema: la Palestina?

Sì, certamente. Si tratta di un’operazione diversiva in relazione agli eccessi dell’esercito israeliano in Palestina. Gli stessi che hanno giustificato Gaza, sono quelli che sfileranno contro l’Iran. Sarkozy è ridicolo ma, per il momento, i Francesi non se ne accorgono. Per il momento, io sono il bambino del racconto di Andersen che dice «il re è nudo». E’ un po’ la mia situazione; tutti vedono che lui è ossessivamente filo-israeliano, ma nessuno osa dirlo.

I piani di guerra di Sarkozy – Kouchner contro l’Iran sono sempre attuali?

E’ sicuro che tenteranno di tutto per destabilizzare quel paese nei prossimi anni. Israele ha in testa l’Iran. La Francia farà di tutto per aiutare Israele. Ma io credo che con l’Iran essi siano incappati in un osso duro. Alcuni hanno provato a destabilizzare l’Iran dall’interno: non ci sono riusciti. Non ci riusciranno. Può esserci una guerra. Ma gli Stati Uniti non attaccheranno l’Iran, credo. Essi hanno molte altre possibilità per destabilizzare l’Iran.

Questa iniziativa della rete filo-sionista in Francia si è accentuata nel momento stesso in cui, negli USA, i neoconservatori hanno perso il loro dinamismo. Nel momento in cui anche Bush, l’alleato di Israele, è stato in difficoltà. Sarkozy non si è dibattuto per far uscire Israele da questa brutta situazione? Ora non prende se stesso per il capo della rete dei neoconservatori filo-israeliani nel mondo?

E’ un’ottima definizione. Egli è divenuto il sostituto di Bush. Ho l’impressione che la strategia israeliana sia una strategia di disperata fuga in avanti; vedo che i popoli del mondo intero si rivoltano. Si ricordi della conferenza «Durban II» [12]. I sionisti si erano preparati per tre o quattro anni per destabilizzarla. Hanno fatto un flop.
Il giorno in cui gli Stati Uniti capiranno che Israele porta loro pregiudizio, sarà la fine del sostegno finanziario e militare. Se taglieranno i fondi, che diverrà Israele? Non è la Francia che può sostenere finanziariamente lo sforzo militare di Israele!

L’accordo militare firmato tra la Francia e l’Emirato di Abu Dhabi, in occasione dell’inaugurazione di una base militare da parte di Sarkozy, non ha messo la Francia all’avamposto di un eventuale conflitto con l’Iran?

E’ esattamente l’argomento del mio libro. Sarkozy mette pressione sull’Iran, perché è un paese che sul piano geostrategico non è controllato dagli Stati Uniti. Oltre a queste ragioni, c’è la questione metafisico-politica di Israele in cui lui ha i propri interessi. Credo che Sarkozy sia divenuto più filo-israeliano che filo-americano. È diventato il nuovo Bush.
Sarkozy ci trascina in una corsa sfrenata verso la guerra.
Ora mi piacerebbe che le gravi domande da me sollevate in Sarkozy, Israël et les Juifs fossero messe sul tavolo, che si potesse discuterne con i responsabili politici. E che ci venisse spiegato dove andiamo ora che la Francia sostiene Israele! Si ricordi che nel 2007 Kouchner ha proclamato che l’alternativa «è la guerra».
Israele e i suoi amici sono persuasi che la guerra permetta loro di esistere. Non possono esistere senza di essa. Se non si muovono, si decadono, si dissolvono. Sono obbligati ad essere sempre all’attacco. Se sono sulla minima posizione difensiva per Israele, sono perdenti. Devono attaccare in permanenza. Per questo perderanno.

Senza Bernard Kouchner, senza la sua diplomazia brutale, violenta, senza la sua vernice «socialista», Sarkozy sarebbe riuscito a far ingoiare ai Francesi questo totale asservimento ad Israele e questa formidabile animosità verso tutti gli Stati che rappresentano un ostacolo al progetto atlantista, Tel Aviv–Parigi–USA?

I Francesi si disinteressano della politica estera. Senza Kouchner, ce ne sarebbe stato un altro e le cose andrebbero nello stesso modo. Sarkozy è stato programmato per portare a compimento un preciso programma: lo ha fatto. Se egli smettesse di dare dei forti segni di adesione ad Israele, è probabile che le reti che l’hanno aiutato ad accedere al potere lo lascerebbero cadere. Egli non ha alcun interesse a deluderle. Dunque continuerà perché manifestamente vuol farsi rieleggere nel 2012.

L’appellativo “Sarkozy l’Israeliano” assume dunque tutto il suo significato?

Lei sa che non sono stato io il primo a chiamarlo «Sarkozy l’Israeliano», sono stati alcuni circoli israeliani.

In conclusione, la politica di Sarkozy può avere gravi conseguenze sulla politica interna, se dovesse passare la «Legge Martin Luther King». E, sul piano estero, mentre l’indipendenza di decisione della Francia è già stata compromessa dal suo ritorno nel comando integrato della NATO, l’allineamento di Sarkozy su Tel Aviv conduce la Francia su un percorso molto pericoloso: a farsi complice di quelle criminali operazioni di destabilizzazione in cui è impegnato il Mossad, per assicurare – come lei ha detto – il «permanente clima di guerra di cui Israele ha bisogno per sopravvivere». Cioè a favorire lo scatenarsi di nuove guerre. Non è questa la cosa più grave?

In Francia, Sarkozy dirige tutto o, in ogni caso, tenta di farlo perché in realtà i suoi mezzi d’azione sono limitati dalla crisi, dall’Europa, etc. Gesticola molto. Tutti i giorni o quasi lo si sente alla televisione, come se fosse un annunciatore. Ma anche se i suoi mezzi d’azione non sono importanti come alcuni temono, egli ha ancora la capacità di trascinarci in una nuova guerra, perché rimane il capo delle forze armate! Su questo piano, il mio libro fa suonare un campanello d’allarme. Voglio informare i Francesi sui rischi in cui può incorrere il nostro paese. Più la Francia sostiene Israele, più noi rischiamo di entrare un giorno in guerra al suo fianco, in Libano, in Iran o altrove. Ma perché mi sentano, bisogna che il mio libro sia diffuso nel mio stesso paese! Ci sono giorni in cui mi chiedo che cosa sia accaduto in Francia. Fortunatamente, io sono ottimista di natura. E, come storico, so che nessuna battaglia è mai persa in partenza, soprattutto nel nostro paese che a volte ci mette molto a cedere, ma che ha la testa dura.

(*)Sarkozy, Israël et les juifs, Éditions Marco Pietteur, 2009 (senza distributore in libreria in Francia, vendita esclusiva per corrispondenza). http://sarkozyisraeletlesjuifs.blogspot.com/.
(**) Figura del movimento anti-imperialista, Jean Bricmont è professore di fisica teorica all’Università di Louvain (Belgio). In particolare, ha pubblicato Impérialisme humanitaire. Droits de l’homme, droit d’ingérence, droit du plus fort?, (Éditions Aden, 2005).

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[1] « La France participera au Blocus de Gaza », sindibad.fr, 24 gennaio 2009.

[2] « Carla et Nicolas : Chronique d’une liaison dangereuse » (con Chris Laffaille). Scali, 2008.

[3] Ed Henri Guaino è, dal 16 maggio 2007, consigliere speciale di Nicolas Sarkozy ed autore di tutti i suoi discorsi.

[4] Elevato da Sarkozy, il l° gennaio 2009, al grado di ufficiale della Légion d’honneur.

[5] Vedi : http://www.dailymotion.com/video/x81hoi_lorsque-le-lobby-juif-francais-parl_news

[6] Visita ufficiale al Papa nel dicembre 2007.

[7] Vedi su :
– Raymond Barre : « Raymond Barre se dit injustement accusé d’antisémitisme », saphirnews.com, 7 marzo 2007.
– Tariq Ramadan : « Oui Monsieur Tariq Ramadan est un antisémite », licra.org, 27 ottobre 2003.
– Bruno Guigue : « Bruno Guigue l’honnête homme, sanctionné », di Silvia Cattori. silviacattori.net, 26 marzo 2008.

[8] Shlomo Sand : « Comment le peuple Juif fut inventé », Ed. Fayard.

[9] Vedi : « Nicolas Dupont-Aignan : “Il est temps que la France sorte de l’OTAN” », di Silvia Cattori, Réseau Voltaire, 30 gennaio 2007.

[10] Vedi : « LA CENSURE PAR LE VIDE – Réaction de Me John Bastardi Daumont, Avocat de Paul Eric Blanrue, auteur de “Sarkozy, Israël, et les Juifs” », 30 maggio 2009.

[11] « Le Monde selon K. », de Pierre Péan, Ed. Fayard.

[12] Vedi : « Le document final de Genève ne répond pas aux aspirations des peuples », di Silvia Cattori e Sandro Cruz, Réseau Voltaire, 28 aprile 2009.

Fonte: http://www.silviacattori.net/article872.html

Traduzione dal francese eseguita da Belgicus

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